C’è un po’ il sapore di un cerchio che si chiude, come un discendente di Francis Drake che ritrova il tesoro perduto di un esploratore del ‘600, nell’arrivo sul grande schermo di Uncharted, saga videoludica che si ispira apertamente tanto alla avventure di Indiana Jones quanto a quelle di Lara Croft, anticipatrice dell’avventuroso dialogo tra videogiochi e cinema. 

Rispetto all’uomo navigato e vissuto conosciuto su PlayStation, quello che fa il suo esordio sul grande schermo è un Nathan Drake decisamente più giovane, a cui Tom Holland presta non solo il volto sornione, ma anche parecchi muscoli e una discreta dose di popolarità portata in dote al franchise. 

Rimasto solo dopo la fuga del fratello Sam, scappato dall’orfanotrofio per essere stato beccato in mezzo ai guai un’ennesima volta, Drake si guadagna da vivere facendo il barman acrobatico in un locale del centro, dove arrotonda le sue entrate borseggiando con abilità la benestante clientela. Le sue doti non sfuggono a Sully Sullivan (Mark Wahlberg), trafficante d’arte sulle tracce del mitologico tesoro nascosto da Magellano di ritorno dal suo giro del mondo. Convinto dal rapporto che parrebbe esistere tra Sullivan e suo fratello Sam, Nathan si ritrova presto coinvolto in una caccia al tesoro insieme all’alleata Chloe (Sophia Alì), nel tentativo di anticipare l’erede della potente famiglia Moncada (Antonio Banderas) e il suo esercito guidato dalla minacciosa Braddock (Tati Gabrielle).

Mark Wahlberg and Tom Holland star in Columbia Pictures’ UNCHARTED. photo by: Clay Enos

Mentre Drake e Sullivan battono sentieri inesplorati per ritrovare l’oro nascosto dai marinai di Magellano e mai più ritrovato, la pellicola diretta da Ruben Fleischer si muove invece su sentieri ben noti al cinema d’avventura. Dalla ricerca di indizi tra i documenti storici alle fughe rocambolesche, Uncharted non fa davvero nulla che non si sia già visto altrove, e non fa per altro nemmeno nulla per mascherarlo, ma lo fa abbastanza bene da nascondere sotto il tappeto sciocchezze e leggerezze di cui il canovaccio è costellato. Se ciò che non torna viene in mente solo a visione conclusa, in fondo vuol dire che occhi e cervello erano impegnati a godersi lo spettacolodurante quel paio d’ore (ormai standard minimo) di azione a schermo . 

Nel giro del mondo obbligatorio per un film di questo tipo, da New York al sud est asiatico passando per la Spagna, Uncharted si regala una grossa scena d’azione davvero d’impatto, il motivo principale per cui verrà ricordato probabilmente. Si tratta senza dubbio del punto forte del film di Fleischer e lui stesso (o qualcuno alla Sony) deve esserne stato consapevole perchè viene usato come cold opening e ripreso poi a metà film, dando spunto per altro a un gustoso cameo destinato ai videogiocatori. 

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La direzione di Fleischer, che trova il modo di salvarsi dopo essere stato dietro la macchina da presa del primo Venom, è solida, ma senza slanci particolari. In alcuni frangenti ho avuto persino l’impressione che abbia cercato di adeguarsi a grammatica e linguaggio della narrazione per immagini del videogioco, una citazione certo apprezzabile per chi è in grado di coglierla, ma fortunatamente contenuta e abbandonata nelle fasi calde del film. 

Benché il casting abbia fatto alzare qualche sopracciglio, per la lontananza tra il vissuto Drake dei videogiochi e l’aspetto da eterno ragazzino di Holland, la formula pensata da Sony funziona. Il buon Tom ci ha messo del suo procurandosi una dose abbondante di muscoli che non ha paura di sfoggiare in più occasioni insieme a discrete doti di parkour. Il resto lo fa la origin story che lo vede mutare nella versione ben nota del celebre Nathan Drake un pezzetto alla volta, aggiungendo letteralmente un capo di abbigliamento ogni paio di scene al suo look. 

Uncharted
Sophia Taylor Ali, Tom Holland and Mark Wahlberg star in Columbia Pictures’ UNCHARTED. photo by: Clay Enos

Meno brillante il cast di comprimari, tutti comunque più che accettabili nei loro ruoli: Sophia Alì e Tati Gabrielle danno più spesso l’impressione di divertirsi, mentre Wahlberg sembra consapevole che non sarà questo il film a segnare la svolta nella sua carriera. L’uso di Banderas, invece, sembra destinato piuttosto a far capire che Sony è disposta a investire una valanga di soldi in questo franchise e non ha alcuna paura di spenderli. Al di là delle battute, nel complesso la parte tecnica del film in cui il budget fa la differenza, effetti e green screen, è decisamente di buon livello. 

Quello che manca ad Uncharted è qualcuno che credesse nel progetto a livello del cuore e non solo a quello del portafogli, come invece è accaduto nel caso di Ghostbusters: Legacy. L’avventura del Nathan Drake di Tom Holland è ben confezionata e fa tutto quel che deve fare, ma manca di quello slancio capace di farle compiere il salto di livello da scacciapensieri a film che può interessare anche chi non ha mai preso in mano un joypad. Il franchise è forte, l’investimento di Sony appare massiccio e il coinvolgimento di Tom Holland darà i suoi frutti, perciò un seguito lo considererei quasi scontato, ma Nathan Drake deve sforzarsi decisamente di più se vuole ritagliarsi un suo spazio a Hollywood. 

Antonio Banderas in Columbia Pictures’ UNCHARTED. Photo by: Clay Enos

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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